Cecilia, brillante artista che ama lavorare il vetro colorato, e Andrea, affermato architetto, sono giovani e innamorati. Quando scoprono di essere in attesa di un figlio, la loro felicità è alle stelle.
Poi, in uno stesso momento accade ciò che non dovrebbe accadere né prima né dopo né mai. Cecilia è costretta ad andare in ospedale, la situazione per il piccolo è critica. Andrea, avvisato dell’emergenza, la tranquillizza, è sicuro che andrà tutto bene, e le dice che la raggiungerà in ospedale.
Ma Andrea non arriverà mai, coinvolto in incidente stradale perde la vita nella stessa notte in cui sua figlia, la piccola Celeste, viene al mondo con una malformazione cardiaca. Se ne andrà anche lei, prima ancora che tutto abbia inizio.
Perdere il compagno di vita è un dolore sordo, una lama che scompone l’anima in mille brandelli. Perdere un figlio è in assoluto il peggior incubo di un genitore, un’esperienza devastante sotto tutti i punti di vista, che riesce a mettere in discussione gli aspetti più profondi dell’esistenza: dalle relazioni interpersonali, passando attraverso la visione della vita sino all’identità stessa della persona. È uno strazio in qualunque momento, ma è ancor più paradossale quando accade in concomitanza con l’evento che per antonomasia simboleggia la vita, ovvero la nascita.
Cecilia, però, non si arrende e ricomincerà da dove ha lasciato gli amori della sua vita: nella cappellina della Certosa di Ferrara.
La frequentazione quotidiana di quel luogo, così pieno di silenzi, il nuovo lavoro, gli incontri insoliti, il prato dei bambini, l’angelo della cella Massari e la bellezza inattesa dei monumenti, opere d’arte a cielo aperto, saranno il sottile e toccante filo conduttore dell’intero romanzo. Cecilia imparerà a custodire il ricordo di Celeste nell’altra metà del cielo, quella rosa. Senza mai smettere di chiedersi che sapore avrebbe avuto il bacio della sua buonanotte.